Al momento si tratta di un’ipotesi ancora tutta da verificare, ma oggetto di uno studio condotto dell’Università Cattolica di Roma, in collaborazione con l’Università Magna Graecia di Catanzaro e l’Università di Milano: la vicinanza al cane e ai bovini potrebbe dotare l’uomo di difese immunitarie ‘naturali’ utili a minimizzare la sintomatologia del coronavirus in caso di contagio.
Lo studio si concentra in particolare sulla scoperta della grande somiglianza delle sequenze dell’epitopo 4 del coronavirus respiratorio canino con quelle del SARS CoV-2.
E questo sembrerebbe anche spiegare la grande variabilità dei quadri clinici osservati (da quelli fatali, a quelli asintomatici): gli autori ipotizzano che una precedente esposizione al coronavirus del cane potrebbe garantire un’immunizzazione almeno parziale, in grado di attenuare i sintomi di un’eventuale infezione da COVID-19.
La proteina Spike: la ‘chiave’ del contagio del Covid-19
Ci si è concentrati in particolare sulla proteina ‘Spike’ (o proteina-S), che è una delle 4 principali che costituiscono la struttura molecolare del virus, ed è quella che si lega al recettore ACE2 (Angiotensin Converting Enzyme2) dell’organismo ospite.
Il legame della proteina Spike al recettore ACE2 consente al virus di entrare nelle cellule e di infettarle.
Il recettore ACE2, il bersaglio di azione del virus, è presente in tutti gli animali, e come detto è solo una piccola sequenza amminoacidica a fare la differenza tra la proteina spike dell’uomo e quella degli animali.
Lo studio in questione affrancherebbe le povere bestie dalla responsabilità di aver contribuito alla diffusione della pandemia (che sarebbe una zoonosi).
Anche se a ben guardare gli animali non centrano affatto, e la “colpa” è tutta ascrivibile agli uomini, che continuano a invadere ambiti (l’esempio tipico è il celebre mercato di Wuhan) nei quali non dovrebbe entrare.
“Questo – afferma il professor Sanguinetti – aumenta la possibilità di venire in contatto con animali totalmente ignoti al nostro sistema immunitario. Solo nel XXI secolo, quello attuale è il terzo episodio di passaggio di un coronavirus dagli animali all’uomo (SARS, MERS, SARS Cov-2). E questo sottolinea come l’uomo dovrebbe tornare a rispettare la natura”…
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