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Cani mummificati dall’antico Egitto


Gli antichi egizi praticavano la mummificazione, e questa è una certezza storica, proseguita almeno tremila anni.

Che ha portato alla produzione, secondo alcuni esperti, di milioni di mummie.

Non solo persone trapassate, dai più grandi faraoni alla gente comune, ma anche animali.

Cani mummificati, gatti –notoriamente i più amati dal popolo in questione-, uccelli e perfino coccodrilli.

Cani mummificati e altri animali: ma perché?

Addirittura la pratica della mummificazione animale avrebbe superato pure quella umana, con 70 milioni di unità (presunte).

Gli animali, amati e venerati, venivano mummificati in tre occasioni:

  1. perché animali da compagnia dei defunti che, proprio come nella vita terrena, sarebbero dovuti stare con i loro padroni nella vita eterna
  2. come offerta agli dei, in quanto sacri
  3. in qualità di mummie alimentari (soprattutto piccioni, oche e vitelli), quindi una scorta di cibo per sfamare il defunto nella sua vita dell’aldilà.

Secondo alcuni studiosi, la richiesta di mummificazione degli animali era talmente alta che, in alcuni casi, in mancanza di resti veri, si usava ciò che in vita era loro appartenuto.

E quindi pezzi di nido o di uova, “collari” e ornamenti vari…

La tecnica adoperata era molto simile a quella usata per gli umani.

Essa consisteva nel “disidratare” il cadavere per facilitarne la conservazione nel tempo, rimuovendone gli organi interni.

Il cadavere veniva poi lavato con una particolare soluzione salina a base di natron che la essiccava.

Gli studi condotti su alcuni animali mummificati

Uno studio pubblicato su Nature racconta di un esperimento.

Un gruppo di scienziati delle università di Swansea, Leicester e Cardiff ha ricostruito in 3D i corpi di tre animali mummificati: un gatto, un serpente e un uccello.

Gli studiosi hanno applicato la microtomografia a raggi X, che restituisce immagini in 3D ad alta risoluzione, che possono poi essere stampate (sempre in 3D) o anche studiate in uno spazio virtuale.

Una sorta di autopsia tardiva.

Con questa tecnica il team è riuscito a:

  • identificare la salma dell’uccello in un gheppio
  • scoprire che le gengive del gatto ospitavano denti non ancora spuntati, per cui l’animale non aveva più di cinque mesi al momento della morte, e questa sarebbe stata indotta e non naturale, come dimostrano i segni rinvenuti sulle vertebre
  • svelare che il serpente era un cobra egiziano, cresciuto in una situazione di carenza d’acqua (e quindi probabilmente tenuto in una gabbia) e con segni che suggeriscono l’uccisione durante un rituale di qualche tipo.

Tutti questi dettagli sono coerenti con quello che sappiamo sugli animali nell’antico Egitto, che in molti casi venivano donati a un tempio e qui allevati, uccisi e imbalsamati.

Credits Foto: Pixabay.com

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